giovedì 21 febbraio 2019

Autobiografia


Fin dalla prima media si impara a perfezionare il metodo per creare testi.
 Gli alunni di terza stanno imparando a scrivere un buon testo autobiografico raccontando o cercando di trasmettere le emozioni in un preciso momento.
Vi propongo il testo di Francesca, studente di 3^ D.


Sento ancora i brividi di paura avvolgermi nel ripensare a quella sera, di due mesi fa.
“Francesca, è ora di andare a catechismo” mi stava ricordando la mamma.
Mancavano cinque minuti alle 20.00.
Corsi in bagno, mi pettinai i capelli, mi lavai il viso e mi vestii.
Guardando fuori dalle finestre vedevo solo buio.
Un buio che sembrava infinito.
Un buio freddo, illuminato qua e là dalle luci fioche dei lampioni del paese.
Vivo in una casa ai piedi della montagna e per l’oratorio avrei dovuto percorrere come al solito la scaletta, che scende verso la piazza del paese, lungo la quale si affacciano i cani delle case dei vicini che, con il loro abbaiare, ti riescono a terrorizzare.
Accesi la torcia del telefono.
Illuminai la scaletta e corsi, corsi più che potevo.
Il papà mi aveva promesso che mi avrebbe osservato dal giardino.
All’ improvviso mi ritrovai di fronte all’ oratorio!
Credevo che il peggio fosse passato, ma non sapevo che qualcosa doveva ancora accadere.
Andai a catechismo, trascorsi serenamente la serata con le mie amiche.
Il campanile della chiesa suonò le 21.00.
Noi ragazzi uscimmo dall’ oratorio e aspettammo i nostri genitori venirci a prendere.
“Franci mi puoi aspettare che fra poco arriva mia mamma?” mi chiese Emma.
“Certo, per me non è un problema” le risposi.
Mamma mi aveva detto che, terminato catechismo, avrei dovuto chiamare casa.
Abito vicino e papà mi sarebbe venuto incontro a piedi.
Io e Emma rimanemmo per qualche minuto sul piazzale della chiesa.
Poco dopo arrivò sua mamma in macchina.
Chiamai papà.
“Indosso la giacca e le scarpe e vengo da te” mi disse al telefono.
“Inizia ad incamminarti”.
Non avevo altra scelta.
Emma stava andando a casa e sarei rimasta da sola.
Mi diressi verso il lavatoio che si trova nella piazza centrale del paese per poi proseguire lungo la scaletta che conduce a casa mia.
Vidi improvvisamente tre uomini muoversi verso il lavatoio contemporaneamente.
Sembrava volessero venire verso di me e seguire i miei passi.
Uno dei tre indossava una giacca rossa con un cappuccio di pelliccia che copriva il capo e al guinzaglio teneva un cane.
L’ avevo intravisto mentre parlavo con Emma, ma non gli avevo dato importanza.
Sembrava facesse passeggiare il suo cane nel piccolo giardino attorno al lavatoio del paese.
Degli altri due non ricordo l’aspetto fisico.
Indossavano abiti scuri e camminavano nella penombra lasciata dall’uomo “con la giacca rossa”.
“Vuoi che ti aspetti?” mi urlò Emma dal finestrino dell’auto.
Sentii i cani abbaiare.
Ciò significava che papà stava scendendo dalla scaletta.
“No, grazie” risposi.
“Non preoccuparti”.
Mi fermai.
I tre uomini si fermarono.
Li guardai.
Mi fissavano.
Il loro sguardo non mi abbandonava.
Ne sono convinta.
Mi immaginai subito la scena in cui io scappavo urlando in cerca di aiuto e loro mi rincorrevano.
Corsi affannosamente verso casa, salii la scaletta, guardandomi alle spalle per vedere la direzione in cui andavano o se mi stessero inseguendo.
I cani iniziarono ad abbaiare senza smettere.
Andai a sbattere contro una persona.
Gli puntai la luce della torcia in faccia.
Era papà.
Lo abbracciai forte e insieme tornammo a casa.
“Mamma, mamma. Giù, al lavatoio” le dissi preoccupata.
“Stavo per venire verso casa, mi hanno vista e subito si sono incamminati verso di me”.
“Chi?” mi chiese spaventata.
“Tre uomini”.
Ripresi fiato.
Spiegai cosa era successo.
Mamma e papà mi dissero che avrei dovuto telefonare prima di lasciare l’oratorio.
“Stai tranquilla. Quella zona viene usata per fare la passeggiata serale con i cani” mi rassicurò papà.
“Alle 21:15?” chiesi.
“Sì…può darsi” aggiunse.
Nonostante siano trascorsi ormai due mesi, ogni sera prima di addormentarmi, ripenso all’ accaduto e cerco di trovare una spiegazione razionale.                                        
 Sento ancora i loro sguardi puntati su di me.
Non voglio apparire ridicola, ma forse sono condizionata dai fatti di cronaca.
L’unica soluzione è riporre fiducia nelle prole rassicuranti dei genitori ed essere meno emotiva.


BINARIO 21

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